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Una breve guida sulle malattie allergiche

Una breve guida sulle malattie allergiche

Normalmente il sistema immunitario difende l’organismo dalle sostanze estranee. Nelle persone predisposte, tuttavia, il sistema immunitario può reagire in maniera eccessiva all’esposizione ad alcuni allergeni presenti nell’ambiente, negli alimenti o nei farmaci, che risultano innocue per la maggior parte delle persone. Ne deriva una reazione allergica. Alcune persone sono allergiche a una sola sostanza, mentre altre a diversi allergeni. Circa un terzo della popolazione mondiale soffre di allergia.

Come si classificano le malattie da ipersensibilità?

Le malattie allergiche sono un gruppo di condizioni patologiche caratterizzate da reazioni ipersensibili del sistema immunitario a sostanze solitamente innocue. Queste reazioni possono manifestarsi in vari tessuti e organi, provocando sintomi che spaziano da lievi a gravi e, in casi estremi, possono essere fatali. La risposta allergica è mediata da una complessa interazione tra allergeni, anticorpi (soprattutto le immunoglobuline E o IgE), cellule del sistema immunitario (come mastociti, basofili, linfociti T) e mediatori infiammatori (come istamina, leucotrieni e citochine). Le reazioni di ipersensibilità sono suddivise in 4 tipologie, in base alla classificazione di Gell e Coombs. Le malattie da ipersensibilità spesso coinvolgono più di un tipo di reazione.

Tipo I
Le reazioni di tipo I (ipersensibilità immediata) sono IgE-mediate e si sviluppano entro un’ora dall’esposizione all’antigene. L’antigene si lega alle IgE che sono legate ai mastociti tissutali e ai granulociti basofili ematici, innescando il rilascio di mediatori preformati (istamina, proteasi, fattori chemiotattici) e la sintesi di altri mediatori (prostaglandine, leucotrieni, fattore attivante le piastrine, citochine). Questi mediatori causano vasodilatazione, aumento della permeabilità capillare, ipersecrezione di muco, spasmi della muscolatura liscia e l’infiltrazione dei tessuti da parte di eosinofili, di cellule T-helper di tipo 2 (Th2), e di altre cellule infiammatorie. Le reazioni di tipo I sono alla base di tutte le malattie atopiche (dermatite atopica, asma, rinite e congiuntiviti allergiche) e di molte malattie allergiche (anafilassi, alcuni casi di angioedema, orticaria, allergie al lattice e alcune allergie alimentari).

Tipo II
Le reazioni di tipo II (ipersensibilità citotossica anticorpo-dipendente) si verificano quando un anticorpo si lega ad antigeni cellulari superficiali o a una molecola legata alla superficie di una cellula. La struttura antigene-anticorpo legata alla superficie attiva le cellule che partecipano alla citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. Le patologie mediate da reazioni di tipo II comprendono il rigetto dell’innesto iperacuto di un trapianto d’organo, le anemie emolitiche, la tiroidite di Hashimoto e la malattia da anticorpi anti-membrana basale glomerulare (sindrome di Goodpasture).

Tipo III
Le reazioni di tipo III (malattia da immunocomplessi) causano infiammazione in risposta alla deposizione di immunocomplessi circolanti antigene-anticorpo nei vasi e nei tessuti. Questi complessi possono attivare il sistema del complemento o legarsi ad alcune cellule immunitarie attivandole, causando il rilascio di mediatori dell’infiammazione. All’inizio di una risposta immunitaria, si ha un eccesso di antigeni con piccoli complessi antigene-anticorpo, che non attivano il complemento. Successivamente, quando le concentrazioni di antigeni e anticorpi sono più in equilibrio, gli immunocomplessi sono più grandi e tendono a depositarsi nei vari tessuti (glomeruli, vasi), provocando reazioni sistemiche. Le malattie di tipo III comprendono la malattia da siero, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la vasculite leucocitoclastica, la crioglobulinemia, la polmonite da ipersensibilità acuta e diversi tipi di glomerulonefrite. Le reazioni di tipo III si sviluppano da 4 a 10 giorni dopo l’esposizione all’antigene e possono diventare croniche se l’esposizione all’antigene continua.

Tipo IV
Le reazioni di tipo IV (ipersensibilità ritardata) non coinvolgono gli anticorpi ma sono mediate dalle cellule T. I linfociti T, sensibilizzati in seguito al contatto con uno specifico antigene, sono attivati dall’esposizione continua o dalla riesposizione allo stesso antigene: essi danneggiano il tessuto mediante effetti tossici diretti o il rilascio di citochine, che attivano eosinofili, monociti e macrofagi, neutrofili o cellule natural killer. I disturbi che coinvolgono reazioni di tipo IV comprendono la sindrome di Stevens-Johnson, la necrolisi epidermica tossica, la reazione farmacologica con eosinofilia e sintomi sistemici (Drug rash with eosinophilia and systemic symptoms), la dermatite da contatto e molte forme di ipersensibilità ai farmaci.

Perché si diventa allergici?

In numerose reazioni allergiche il sistema immunitario, se esposto per la prima volta a un allergene, produce un tipo di anticorpo detto immunoglobulina E (IgE). L’IgE si lega a un tipo di globuli bianchi detti basofili, presenti nel flusso sanguigno e a un tipo simile di cellule dette mastociti, presenti nei tessuti. La prima esposizione può rendere il soggetto sensibile all’allergene (la cosiddetta sensibilizzazione), ma non provoca sintomi. Una volta che il soggetto sensibilizzato incontra nuovamente l’allergene, i basofili e i mastociti che contengono IgE in superficie rilasciano sostanze (come istamina, prostaglandine e leucotrieni) che inducono gonfiore o infiammazione nei tessuti circostanti. Tali sostanze inducono una serie di reazioni a catena che continuano a irritare e a danneggiare i tessuti. Tali reazioni si possono manifestare in forma da lieve a grave.

Quali sono i sintomi?

La maggior parte delle reazioni allergiche si manifesta in modo lieve con lacrimazione, secrezione nasale (rinorrea) e starnuti. Le eruzioni cutanee (compresa l’orticaria) sono frequenti e, spesso, pruriginose. L’orticaria è caratterizzata da piccole aree tumefatte arrossate e lievemente in rilievo (pomfi), spesso con una parte centrale più chiara. La tumefazione può interessare anche ampie aree sottocutanee (cosiddetto angioedema). La tumefazione è provocata dalla fuoriuscita di liquidi dai vasi sanguigni. A seconda delle aree del corpo colpite, l’angioedema può essere grave, in particolare quando si presenta nella gola o nelle vie aeree. Le allergie possono scatenare anche attacchi di asma e difficoltà respiratorie. Alcune reazioni allergiche, definite reazioni anafilattiche, possono essere potenzialmente letali. Le vie aeree possono restringersi (costrizione), causando respiro sibilante, e le pareti della gola e delle vie aeree possono gonfiarsi, interferendo con la respirazione. I vasi sanguigni possono allargarsi (dilatarsi), causando un grave calo della pressione arteriosa.

Quali sono gli allergeni che più frequentemente scatenano una reazione allergica?

Gli allergeni possono essere classificati in diverse categorie, tra cui inalanti, alimentari, farmaci, insetti e da contatto. Ecco una panoramica dei principali allergeni per ciascuna categoria:

Inalanti:

  • Pollini (graminacee, alberi, erbe infestanti)
  • Acari della polvere
  • Peli e forfora di animali domestici
  • Muffe (Aspergillus, Cladosporium, Alternaria, Penicillium)

Alimenti:

  • Frutta secca (arachidi, noci)
  • Latte
  • Uova
  • Crostacei

Farmaci:

  • Antibiotici (penicilline, cefalosporine, sulfamidici)
  •  Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei – FANS (Aspirina, Ibuprofene, Naprossene)
  • Anestetici Locali (Lidocaina, Prilocaina)
  • Mezzi di contrasto iodati

Veleni di insetti:

  • Imenotteri (api, vespe, calabroni)
  • Formiche (formiche rosse del genere Solenopsis)

Allergeni da Contatto:

  • Sostanze chimiche (Nichel, cromati, formaldeide)
  • Materiali naturali (lattice, lanolina)
  • Cosmetici (profumi, conservanti, tinture per capelli)

Cosa fare in caso di allergia?

Se sospetti un’allergia è bene consultare un allergologo, medico specializzato nel riconoscimento e nel trattamento delle malattie allergiche. Sarà lo specialista a valutare se dovrai sottoporti a dei test allergologici, solitamente di facile esecuzione e per nulla invasivi. È fondamentale che tali test vengano condotti seguendo specifici criteri e sotto la guida di un allergologo; un’impropria esecuzione dei test, infatti, o un’errata interpretazione degli stessi, possono indurre, ad esempio, ad escludere dalla dieta alimenti importanti per la salute senza che ve ne sia una reale necessità. In altri casi, a causa di questo, possono nono essere riconosciute (o identificate tardivamente) altre patologie, anche gravi, distinte dalle allergie, ma che si presentano con sintomi simili. Quindi, no ai test per le allergie o le intolleranze che si possono fare da soli o perfino acquistare online.

Prick Test

Quali test fare per la diagnosi di allergia?

La scelta dei test da eseguire può variare a seconda dei sintomi e del tipo di allergia sospettata dall’allergologo. Di seguito quelli più comuni:

Prick test: test cutaneo che consiste nell’applicazione di piccole quantità di allergeni sulle braccia e nel pungerle delicatamente con delle lancette sterili, osservando poi, nell’arco di 15-20 minuti, l’eventuale insorgenza di una piccola reazione cutanea (pomfo), che indica la sensibilizzazione verso l’allergene. Tale metodica, di facile e rapida esecuzione, è molto attendibile e viene impiegata soprattutto per la ricerca di allergie respiratorie ed alimentari.

Patch test: altro test cutaneo, che consiste nell’applicare dei cerotti sulla schiena contenenti allergeni in cellette separate, e nell’osservare l’eventuale insorgenza di reazione cutanea alla rimozione dei suddetti cerotti, che generalmente avviene dopo 48-72 ore. I cosiddetti allergeni da contatto, verso cui si ricerca l’eventuale sensibilizzazione con questo test, sono, ad esempio, metalli, resine, profumi, coloranti, conservanti e molti altri.

Dosaggio delle IgE specifiche nel sangue: questo test misura la concentrazione di determinati anticorpi, le immunoglobuline E (o IgE), che indicano la sensibilizzazione verso specifici allergeni.

Test di provocazione: in alcuni casi la diagnostica a disposizione non è sufficiente a dimostrare o smentire l’esistenza di sensibilizzazione verso un determinato allergene (ciò avviene più frequentemente per farmaci, mezzi di contrasto, alcuni alimenti), per cui si può valutare l’opportunità di somministrare per bocca una piccola quantità del suddetto allergene, solitamente a dosaggi progressivamente crescenti, onde poterne verificare l’eventuale reazione. Per ovvie ragioni di sicurezza tale metodica è destinata a casi molto selezionati e può essere applicata solo sotto osservazione in ambiente ospedaliero.

Quali trattamenti per le allergie?

Non esiste una cura definitiva per le allergie, ma la maggior parte dei sintomi possono essere gestiti con farmaci preventivi o sintomatici. Cardine del trattamento delle forme allergiche è la prevenzione, quando possibile, che si attua con l’allontanamento dell’allergene responsabile dei sintomi o evitando l’esposizione. Gli antistaminici ed i corticosteroidi invece sono farmaci sintomatici che devono essere somministrati in presenza dei sintomi. A questi farmaci si aggiungere l’immunoterapia allergene specifica con l’intento di stimolare una tolleranza immunitaria verso l’allergene responsabile. Ultimamente ai preparati da somministrare per via sottocutanea si sono aggiunti preparati in gocce orosolubili o sublinguali per auto somministrazione molto validi ed utili specialmente per i piccoli pazienti allergici.

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Quando andare dall’allergologo

Quando andare dall’allergologo?

Le allergie stanno diventando sempre più comuni in tutto il mondo, con un numero crescente di persone che sperimentano reazioni allergiche a una varietà di sostanze. Questo aumento delle allergie può essere attribuito a una serie di fattori, tra cui cambiamenti ambientali, stili di vita moderni e una maggiore esposizione agli allergeni. Di fronte a questo scenario, è fondamentale consultare un allergologo per una valutazione accurata e un trattamento mirato.

Di cosa si occupa l’allergologo?

L’allergologo è un medico specializzato nell’allergologia, una branca della medicina che si occupa della diagnosi, del trattamento e della gestione delle allergie e delle malattie correlate. Quando si sospetta una allergia la scelta migliore da fare, al fine di stabilire un’adeguata gestione ed una corretta terapia dei sintomi legati alle allergie, è quella di rivolgersi ad un allergologo. Consultare un allergologo permette di ottenere una valutazione completa e approfondita dei sintomi allergici fondamentale per garantire che le reazioni allergiche vengano trattate in modo adeguato per prevenute eventuali complicazioni.

Quando consultare un allergologo?

Ecco alcuni segnali che potrebbero indicare la necessità di consultare un allergologo:

  • Sintomi ricorrenti e persistenti: se si sperimentano sintomi allergici come starnuti, prurito, congestione nasale o eruzioni cutanee che si verificano regolarmente o in modo persistente, è consigliabile consultare un allergologo per una valutazione approfondita.
  • Familiarità: se ci sono parenti stretti con allergie note, si può essere a rischio maggiore di sviluppare allergie simili. In questi casi, è consigliabile consultare un allergologo per una valutazione preventiva.
  • Reazioni allergiche gravi: se si è già avuta una anafilassi o una reazione allergica grave in passato, è fondamentale consultare un allergologo per determinare l’agente scatenante e sviluppare un piano di gestione delle allergie.
  • Sintomi stagionali: se i sintomi peggiorano durante determinate stagioni dell’anno, potrebbe indicare un’allergia stagionale agli allergeni come polline, spore di muffa o peli di animali. Un allergologo può confermare la diagnosi e consigliare il trattamento più appropriato.
  • Sintomi respiratori cronici: se si soffre di asma o di sintomi respiratori cronici come tosse persistente, respiro sibilante o difficoltà respiratorie, è consigliabile consultare un allergologo per una valutazione approfondita e un piano di gestione.
  • Manifestazioni cutanee persistenti: in presenza di eruzioni cutanee, dermatite o prurito persistente, è consigliabile consultare un allergologo per determinare se le reazioni cutanee sono causate da allergie.

Come avviene la visita?

La visita allergologica non può prescindere da un’adeguata raccolta della storia clinica del paziente. Una allergia può manifestarsi solitamente con sintomi respiratori (starnutazione, naso che gocciola, naso chiuso, tosse, fiato corto, sibilo respiratorio), oculari (occhi che prudono e lacrimano) o cutanei (rossore, gonfiore, prurito, secchezza e desquamazione della pelle). Per l’allergologo sarà importante anche capire quando tali sintomi sono iniziati, se sono sporadici o persistenti, se sono presenti solo in certi periodi dell’anno e se si manifestano in circostanze specifiche, ad esempio in presenza di animali, con l’ingestione di un determinato alimento o dopo aver assunto un farmaco.

Quando fare i test allergologici?

La visita potrà essere integrata con l’esecuzione di test allergologici cutanei: con allergeni inalanti (pollini, acari della polvere, pelo di animali, muffe) in caso di sintomi respiratori, alimentari (proteine di latte e uovo, pesce, crostacei, carni, grano, frutta, frutta a guscio ed altri ancora) se c’è il sospetto di un’allergia alimentare, ed allergeni da contatto (es. metalli come il Nichel, tessuti, coloranti, conservanti, resine, ecc.) in caso di sospetta reazione da contatto con la pelle. Si può così identificare l’allergene responsabile del quadro clinico del paziente, e di conseguenza attuare le opportune norme di prevenzione ed impostare la terapia più indicata.

Prick Test

Quali sono i test per la diagnosi di allergia?

Esistono diversi test utilizzati per diagnosticare le allergie. Ecco alcuni dei test più comuni:

  • Prick test: è un esame di facile esecuzione che consiste nell’applicare sulla superficie interna dell’avambraccio una goccia delle sostanze che si sospettano possano causare allergia (allergene). La si fa penetrare nel primo strato della cute tramite una lancetta monouso. Successivamente, viene valutata la reazione cutanea che si manifesta entro circa 15-20 minuti. Se il paziente risulta positivo all’allergene si verificherà un’area di gonfiore, arrossamento o prurito intorno al sito di applicazione.
  • Patch test: è un test utilizzato principalmente per identificare le allergie da contatto, come dermatiti da contatto. Piccole quantità di allergeni vengono applicate su patch adesivi, che vengono poi applicati sulla pelle (solitamente sulla schiena) per un periodo di tempo determinato, solitamente 48/72 ore. Dopo questo periodo, il medico valuta la pelle per eventuali reazioni allergiche.
  • RAST test (radioallergosorbent test) o test IgE specifici: un test che serve a misurare i livelli di IgE specifiche per determinati allergeni nel sangue. Viene eseguito prelevando un campione di sangue dal paziente e analizzandolo in laboratorio. Questo test è spesso utilizzato quando i test cutanei non possono essere eseguiti a causa di condizioni mediche specifiche o quando si desidera confermare i risultati dei test cutanei.
  • Test di provocazione: in alcuni casi, quando i risultati dei test precedenti non sono conclusivi o quando c’è un sospetto di allergia alimentare, può essere necessario eseguire una provocazione allergica controllata. Durante questo test, il paziente viene esposto all’allergene sospetto in modo controllato, sotto la supervisione di personale medico, per osservare e valutare la risposta allergica.

È importante sottolineare che la scelta del test dipende dalle circostanze specifiche del paziente e dalla natura delle allergie sospettate. La decisione su quali test eseguire e come interpretare i risultati deve essere presa da un allergologo, medico esperto nel campo delle allergie.

Non ignorare i sintomi delle allergie! In un’epoca in cui le allergie sono in aumento, consultare un allergologo è essenziale per identificare, gestire e prevenire le reazioni allergiche in modo efficace. Grazie alla sua esperienza e competenza, la dr.ssa Isidora Paffumi può fornirti un supporto prezioso nel controllo delle allergie con conseguente miglioramento della qualità della vita.
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Rinite allergica o raffreddore? I test allergologici per capirlo

Rinite allergica o raffreddore? I test allergologici per capirlo

Starnuti, naso chiuso o che cola: si tratta di allergia o di un semplice raffreddore virale? In autunno la circolazione e la diffusione dei virus respiratori sono favoriti dal ritorno a scuola con promiscuità tra i bambini, dal trascorrere molto più tempo in luoghi chiusi e dagli sbalzi di temperatura tipici di questa stagione. Ecco che quindi è facile che i sintomi di allergia e influenza si sovrappongano, generando confusione nel paziente.

Che cos’è la rinite allergica?

La rinite allergica è un’infiammazione che si verifica nella mucosa nasale (la parte interna del naso) e provoca sintomi come starnuti, naso che cola, pizzicore, prurito intenso, naso chiuso, associati o meno a lacrimazione degli occhi. Si tratta di un’infiammazione periodica o cronica dovuta ad una reazione allergica: questa reazione si scatena quando una sostanza dell’ambiente esterno, normalmente innocua, viene a contatto con la mucosa nasale di un soggetto sensibilizzato nei confronti di quella sostanza. A seconda della durata distinguiamo una rinite perenne (se dura tutto l’anno) e una rinite intermittente (se compare solo in alcuni periodi dell’anno, come per esempio in primavera nei soggetti allergici ai pollini).

Come distinguere i sintomi di una rinite allergica da un raffreddore virale?

Nelle allergie di solito gli starnuti sono “a raffica” e il naso cola molto. Inoltre nelle allergie è spesso presente anche il prurito, soprattutto agli occhi e talvolta anche a palato e gola. Gli occhi sono molto più coinvolti nella versione allergica tanto che si parla di rinocongiuntivite allergica, con sintomi come lacrimazione, arrossamento, gonfiore e fastidio alla luce. Se poi la persona è asmatica si possono avere riacutizzazioni con difficoltà respiratorie e tosse secca sia in caso di allergia, meno di frequente, nel raffreddore comune. Nel caso del raffreddore virale, i disturbi fanno la loro comparsa dopo un periodo di incubazione che di solito dura un paio di giorni. Si comincia con un leggero bruciore diffuso, spesso da una parte sola del naso o della gola, per arrivare a starnuti e naso che gocciola. È proprio in questa fase, che in genere dura due o tre giorni, che le possibilità di contagiare altre persone sono maggiori. Poi inizia la fase secretiva in cui il muco diventa più denso e giallastro. Se non ci sono complicazione il raffreddore finisce al massimo nell’arco di una settimana.

Quali sono le cause della rinite allergica?

Non sono note le cause della rinite allergica. C’è però una predisposizione ereditaria, su base genetica, all’allergia, per cui è molto probabile che figli di genitori allergici siano a loro volta allergici. In ogni caso, le persone allergiche risultano particolarmente sensibili verso determinate sostanze, dette appunto allergeni, per cui quando vengono a contatto per la prima volta con queste sostanze, come pollini o polveri domestiche, producono particolari anticorpi, le IgE, che si collocano sulla superficie di certe cellule, chiamate mastociti. Quando l’individuo viene nuovamente a contatto con l’allergene, questo reagisce con le IgE e la reazione determina la liberazione di alcune sostanze da parte dei mastociti, la più nota delle quali è l’istamina, che sono poi causa dei vari sintomi.

Come si arriva alla diagnosi di allergia?

La cosa giusta da fare per ottenere delle risposte certe quando c’è il sospetto di un’allergia respiratoria è rivolgersi al proprio medico. Di fronte ad un sospetto di allergia respiratoria il tuo medico potrà indirizzarti verso un allergologo, cioè un dottore specializzato nel riconoscimento e nel trattamento delle allergie. L’allergologo cercherà di capire, durante il colloquio, i sintomi della reazione allergica, la loro intensità, la loro frequenza, ma anche in quali occasioni essi si presentano, indagando la vita familiare del paziente, la presenza eventuale di animali domestici in casa, abitudini alimentari e stili di vita. Il passo successivo consiste nella conferma della condizione allergica e nella ricerca dell’allergene che scatena la crisi.

Prick Test

Quali sono i test per stabilire se si tratta di allergia?

Se la diagnosi del raffreddore si basa sui sintomi, qualora si sospetti un’allergia respiratoria occorre qualche esame. Più episodi di raffreddore che si verifichino in concomitanza con la fioritura delle diverse piante suggeriscono un’allergia, che può essere confermata con prick test cutanei, che si eseguono inoculando con una lancetta piccole quantità di allergeni nella cute dell’avambraccio. Dopo circa un quarto d’ora la presenza di un pomfo indica sensibilizzazione verso l’allergene. Per completare la diagnosi in genere si può fare anche un esame del sangue per la ricerca degli anticorpi IgE specifici implicati in questo tipo di allergia. In casi selezionati, quando la persona è sensibile a più allergeni, possono essere utili test molecolari di secondo livello.

Tutti possono effettuare i test allergologici?

Sì, tutti possono effettuare test allergologici: adulti e bambini. Sarà l’allergologo a decidere quale test è più adeguato all’età e al tipo di allergia sospettata nel paziente, alla sua storia familiare e alla sua storia clinica. In genere i test cutanei non provocano problemi e non sono dolorosi, anche se un piccolo fastidio può essere avvertito nel punto di iniezione e di strofinatura. Il grande vantaggio dei test cutanei è l’immediatezza dei risultati, che giungono dopo circa 20 minuti dall’inizio del test. I test allergologici cutanei eseguiti con la tecnica del Prick test devono essere eseguiti da personale medico in grado di valutare correttamente il livello di gravità della tua allergia.